Blog

TETHERING IN FOTOGRAFIA

Il passaggio delle informazioni tra fotocamera e PC/Mac è un argomento molto conosciuto tra i professionisti, soprattutto in relazione a lavori di moda, still-life e, in generale, tutto ciò che concerne la fotografia in location. Che sia uno studio personale, uno studio a noleggio o una spiaggia di un’isola tropicale, il tethering è praticamente indispensabile nell’ambito pubblicitario.

Ma iniziamo con ordine: cos’è il “Tethering”? Letteralmente, è la possibilità di trasferire l’immagine rapidamente dalla macchina fotografica al PC nel momento stesso in cui viene scattata, consentendo di visualizzarla su un monitor di dimensioni più ampie e attivando funzioni utili come il backup dei file.

Se siete giunti qui, probabilmente state cercando informazioni più specifiche su questo argomento. Quindi, spero di fornirvi proprio ciò che vi interessa. Vediamo ora nel dettaglio come funziona.

È ovviamente necessaria una macchina fotografica che supporti questa funzione e, di conseguenza, abbia un’uscita dedicata a tale scopo. Di solito, si tratta di porte USB, a partire dallo standard 2.0 fino alle versioni più moderne come 3.0, 3.1, 3.2 e così via, con vari formati come Micro-B e USB-C. In alternativa, si può considerare anche una connessione Ethernet.

Ora, occorre il mezzo fisico per trasferire i dati, ovvero il cavo. Questo è strettamente legato a quanto accennato in precedenza. È sufficiente procurarsene uno che abbia da un lato la possibilità di connettersi alla fotocamera e dall’altro la possibilità di connettersi al PC/Mac/Tablet. Con l’odierna unificazione degli standard, in genere una connessione USB-C da entrambi i lati funzionerà bene. Tuttavia, è comunque necessario fare attenzione se la strumentazione in uso ha porte diverse.

macchina fotografica nikon pronta per tethering fotografia

Purtroppo, non è tutto qui. Questo non sarebbe un argomento degno di essere trattato se bastasse semplicemente acquistare un cavo qualsiasi. Ci sono alcuni aspetti da approfondire. In primo luogo, più di un’azienda produce cavi e accessori specifici. Questo dovrebbe far riflettere sul fatto che un cavo normale, anche se di buona qualità, potrebbe non essere ideale. È necessario tenere in considerazione alcuni fattori. Spesso i cavi in commercio sono dedicati alla ricarica dei dispositivi più che al trasferimento delle informazioni. Al contrario, i cavi per il trasferimento di solito non sono adatti per la ricarica dei dispositivi. Inoltre, tutti i cavi hanno una distanza massima entro la quale possono trasmettere le immagini senza perdita di velocità o senza riuscirci affatto. I cavi dedicati hanno anche una sezione più ampia, consentendo schermature adeguate, spesso con un nucleo in ferrite che ne rinforza la struttura ed esclude le interferenze, riducendo così gli errori di trasmissione.
Da anni utilizzo accessori della Tether Tools, di cui i prodotti sono affidabili, robusti e con una gamma specificatamrente indirizzata ai professioni, mentre sul mercato si affacciano nuovi produttori come Cobra Tether, di cui non ho avuto ancora modo di provare i cavi ma non tarderò a farlo visto che, ridondanza e miglioramento nel tempo restano elementi primari nel lavoro.

Spesso il solo cavo non è sufficiente. Ad esempio, non sempre è possibile tenere il MacBook o qualsiasi dispositivo utilizzato entro i 5 metri di distanza. Mi viene in mente quando abbiamo scattato sulla terrazza di un noto hotel per uno shooting di gioielli indossati da una modella. Per l’occasione, la postazione tether era all’interno della parte coperta della terrazza, ad almeno 15 metri dal punto scelto per quella serie di scatti. In situazioni come queste, è necessario effettuare più connessioni, alternando uno o più “booster”, accessori che rilanciano il segnale per coprire distanze più lunghe, regolando la potenza di trasferimento per mantenerla costante. Alcuni di questi accessori richiedono una connessione diretta all’alimentazione elettrica o a una power bank aggiuntiva quando la connessione avviene tramite un’interfaccia USB di tipo A. Tuttavia, per quelle di tipo C, un booster senza ulteriore connessione elettrica sarà sufficiente. L’idea è quindi quella di avere un cavo lungo circa 5 metri che parte dalla fotocamera, quindi il booster e poi un altro cavo, e così via per coprire la distanza necessaria. Per questo motivo, i vari produttori spesso mettono a disposizione tabelle apposite per semplificare questo aspetto, fornendo certezze sui test effettuati prima dell’acquisto di prodotti inadatti allo scopo.

Ora dobbiamo valutare dove vogliamo vedere le immagini scattate. Questo dipende da un unico fattore: quanto siamo comodi sul set. Senza dubbio, poter visualizzare immediatamente le fotografie su un grande monitor calibrato è un vantaggio. Il digital assistant, ovvero l’assistente dedicato alla catalogazione, al backup e soprattutto alla verifica attenta delle fotografie man mano che arrivano alla sua postazione, può così visualizzare le immagini nel migliore dei modi.

A questo scopo, gli studi di solito sono dotati di una postazione mobile su ruote, con un Mac o PC connesso a uno o più monitor orientabili (per utilizzare tutto lo spazio del pannello, anche in verticale per foto così orientate). Qui, con maggiore spazio a disposizione ed un robusto carrello o uno stativo con ruote, è possibile organizzare tutto in modo ordinato. Si possono aggiungere connessioni per il trasferimento rapido dei file a un NAS o a un server dedicato, in modo che le immagini vengano automaticamente salvate in doppia copia non appena passano dalla fotocamera allo schermo, garantendo ridondanza e la certezza di non perdere nulla. Inoltre, bracci e morsetti possono risultare utili per sostenere accessori come pinze, SSD, ulteriori cavi, esposimetri, colorcheker sulla postazione tether, per spostarli a piacimento.

Tuttavia, non sempre è fattibile. Spesso, chi non ha la comodità di uno studio proprio o si trova in una baita in Francia per scattare la prossima collezione invernale di un famoso brand di moda, deve per forza di cose portare con sé un equipaggiamento ridotto. Anche se un laptop da solo potrebbe sembrare sufficiente, insieme al cavo essenziale, in realtà lo è solo in parte. Quando si scatta all’aperto, i raggi del sole spesso rendono difficile la visione del display, e quindi è fondamentale avere un sistema per prevenirlo. Un’altra cosa importante è avere uno stativo per sostenere il laptop, ad esempio con Aero di TetherTools o una valigia appositamente modificata per sorreggere il portatile. Inoltre, la scelta tra Mac e PC dipende dalle abitudini personali riguardo al sistema operativo. Personalmente, utilizzo da molti anni MacBook Pro, e l’ultima versione che ho acquistato è un M1 Max da 16″, con 64 GB di RAM. Oltre alla funzione di tethering, per la quale è sicuramente una configurazione overkill, mi permette di lavorare agevolmente sia su foto che su spot pubblicitari in Davinci Resolve, il tutto in mobilità. È quindi un must-have per il mio lavoro fuori dallo studio. Inoltre, con una durata della batteria finalmente accettabile per un laptop e uno schermo con la giusta luminosità, lavorare diventa un piacere. In studio, preferisco la comodità di un PC che ho personalmente assemblato, ma questo è un altro discorso.

La terza opzione è ancora più veloce, poiché se si è leggeri con un laptop, si può esserlo ancora di più con un tablet, ad esempio un iPad Pro o un iPad Air con connessione USB-C. Questo è particolarmente utile in situazioni in cui non è possibile portare con sé nulla di più ingombrante o pesante.

Questo introduce quello che in realtà rende possibile tutto il processo, ovvero Capture One.
Perché sì, ci sono alternative, ma no, prima ancora che lo chiediate, nessuna è all’altezza di Capture One.
C’è Adobe Lightroom, ci sono i vari programmi che le case produttrici delle fotocamere più blasonate mettono a disposizione gratuitamente o in licenza, ma se posso dar un consiglio a chiunque si approccia in maniera seria a questo lavoro, non perdete ulteriore tempo, Capture One è la risposta a tutti i mali del tethering, o almeno a gran parte di questi.

Tuttavia, torniamo all’iPad. Ora che Capture One è supportato da dispositivi, è possibile portare con sé la fotocamera, il cavo e un tablet leggero con una versione simile al programma desktop. In realtà, è possibile eseguire l’applicazione anche su un iPhone, ma al momento non ho ancora effettuato test e valutato situazioni in cui potrebbe risultare utile. Con l’iPad invece si vede la luce alla fine del tunnel. Ha uno schermo eccellente con dimensioni adeguate, ancor di più nella versione da 12.9 pollici. È possibile visualizzare immediatamente le immagini appena scattate, valutarle per una visione successiva e apportare modifiche preliminari in attesa della vera post-produzione. Almeno per le mie foto, la post-produzione viene effettuata in un secondo momento e quasi mai in parallelo sul set. In definitiva, è un modo per avere tutto il necessario e rimanere leggeri in quelle situazioni in cui altrimenti si sarebbe costretti a portare solo la fotocamera con sé.

Passiamo ora a considerare alcune caratteristiche specifiche del software Capture One. Prima di utilizzarlo, usavo Lightroom di casa Adobe, il cui prodotto principale è Photoshop, software fondamentale per la maggior parte dei fotografi. È importante notare che Capture One non cerca di sostituire Photoshop, che rimane l’unico programma che consiglierei per la post-produzione dopo il lavoro sui file RAW. Mentre lo sviluppo dei file grezzi può essere eseguito indifferentemente su Adobe Camera Raw, Lightroom o altri programmi minori. Tuttavia, Capture One non si discosta in modo radicale da questa direzione, integrando molte delle funzionalità principali di Lightroom e replicando altre che invece sono proprie di Photoshop, ampliando di fatto lo spettro delle possibilità.

Tra le caratteristiche più importanti di Capture One c’è certamente il tethering. Nel corso del tempo, questa funzionalità è stata sviluppata a un livello molto elevato, concepita per essere il programma leader per le costosissime fotocamere medio formato di Phase One. Il software ha migliorato la stabilità della connessione con la fotocamera e aggiunto funzioni di sovrapposizione di altre immagini per aiutare a posizionare la scena correttamente. Inoltre, l’intelligenza artificiale è stata utilizzata per migliorare la riconoscibilità delle immagini, consentendo una rapida suddivisione in cartelle intelligenti. Questa funzione è particolarmente utile quando si stanno esaminando gli scatti appena realizzati sul set, prima di spostarsi in una nuova location o passare a nuovi prodotti. È inoltre fondamentale per mostrare il look delle immagini attraverso profili colore e LUT, che possono essere caricati direttamente durante lo scatto successivo. In questo modo, le foto avranno già un aspetto lavorato appena visualizzate per la prima volta, permettendo al cliente di valutare il risultato sul set senza ricorrere a ulteriori programmi di fotoritocco. Questo aspetto richiede una scelta oculata del gradiente, una modifica di base che può essere utilizzata in modo generico o, ancora meglio, la creazione di un profilo personalizzato per il set specifico. Questo può fornire al fotografo e al cliente una visione accurata delle immagini, velocizzando i tempi di approvazione e soprattutto migliorando la percezione sul set per chi non è addetto ai lavori.

Capture One non è solo questo. Come accennato, è un programma completo per la post-produzione dei file RAW. In questo senso, è comparabile a Lightroom e Camera Raw e offre vantaggi notevoli. In primo luogo, se si lavora in tethering, si è già nel posto giusto per sviluppare anche il file RAW. In alternativa, Capture One offre una soluzione completa. Anche Lightroom è molto buono per la post-produzione dei file grezzi, poiché condivide il motore di Camera Raw, ma non è altrettanto efficace in modalità tethering. Quindi, se si è già in ambiente Capture One per il tethering, perché cambiare strada quando si tratta di post-produzione? Non è necessario dedicare tempo a imparare diversi programmi quando alla fine tutti confluiscono in Photoshop per la fase di fotoritocco più avanzata.

In breve, spero di avervi fornito le nozioni fondamentali e di aver risposto a parte delle vostre domande sull’argomento. C’è molto altro su cui discutere, come la possibilità di fare focus stacking utilizzando sovrapposizioni in tethering o approfondire l’uso della fotocamera in remoto tramite C1 e le migliori impostazioni per il backup e il salvataggio delle foto. Potremmo anche parlare dell’utilizzo del Wi-Fi anziché di un cavo fisico per il trasferimento delle immagini o esplorare le funzionalità di alcune mirrorless di ultima generazione, che dispongono di ben due porte USB-C: una per il trasferimento e l’altra per la ricarica. Tuttavia, questi sono dettagli più specifici rispetto alla panoramica che ho fornito in questo articolo. Vi invito quindi a scrivermi se avete ulteriori domande o curiosità sull’argomento.

Per ora è tutto.

POST A COMMENT