STRUMENTI PER LA POSTPRODUZIONE FOTOGRAFICA
Cosa è meglio utilizzare per fare post-produzione fotografica?
Forse è una tra le domande che ricevo più spesso da quando insegno, trattare l’argomento è un modo per fissare alcuni punti cardine e trarne qualche conclusione.
C’è da dire subito che gli strumenti, i software e tutto quel che gira intorno al mondo del retouch è in realtà frutto di preferenza personale, resta quindi inteso che quel che consiglierò in questa guida “passo passo” è semplicemente ciò con cui mi sono trovato bene nel tempo.
Iniziamo con il definire chi è un retoucher.
Figura mistica che post-produce le fotografie, lo si immagina di solito rinchiuso in uno stanzino cupo e privo di finestre, curvo sul monitor dalle 8 alle 12 ore al giorno, senza momenti di svago né tempo per gli amici. Beh, la realtà non è molto diversa, almeno per la parte in cui è seduto per gran parte del giorno, tuttavia è ormai possibile fare questo lavoro o alternarlo alla professione principale di fotografo in modo più leggero, godendosi molto di più la vita; questo perché è ormai possibile per chiunque dotarsi di una buona connessione essendo liberi di svolgere questa mansione in qualsiasi angolo del pianeta (lo so che state pensando alla classica spiaggia). Oggi, inoltre, con enormi fette di mercato spostate verso il digitale e la vendita online, spesso vengono meno le necessità di fare provini a contatto, così come di prove stampa da esaminare con il lentino da ingrandimento. Insomma, non c’è più la stessa necessità di fermarsi stabilmente in un posto per lavorare.
Andiamo al sodo: suddividerò per praticità l’articolo in capitoli. Non c’è un ordine preciso di lettura, così da permettervi di saltare una parte se di minor interesse rispetto a ciò che state cercando.
Software
Pc/Mac
Archiviazione
Monitor/calibrazione
Tavoletta grafica
Altri accessori
SOFTWARE
Partiamo subito con le scelte obbligate, il software. Per quanto sembrano esistere numerose strade, esistono alcuni vincoli. La scelta del programma da utilizzare è solo in parte personale, dipende infatti da cosa bisogna post-produrre, quali sono le esigenze lavorative e non, chi commissiona il lavoro e se c’è o meno bisogno di condividere totalmente o parzialmente il lavoro con altri operatori del settore, la scelta è quindi meno libera di quanto possa pensare chi si approccia in maniera amatoriale al fotoritocco.
Il flusso di lavoro parte sempre dal Raw, ci sono casi specifici in cui alcuni professionisti scattano in jpeg ma è ormai così raro da non essere preso nemmeno in considerazione. Parliamo quindi del RAW.
Come lavoriamo questo benedetto file grezzo? esistono principalmente tre vie, Lightroom e Camera Raw di Adobe, che sono essenzialmente lo stesso programma, dove il primo è stand-alone, cerca di essere completo e tende ad essere utilizzato principalmente da chi ha un flusso piuttosto snello, di cui l’output è qualcosa che si ottiene direttamente dal programma senza passare da ulteriori software di elaborazione, mentre Camera Raw è perfetto per chi ha necessità di essere catapultato poi in Photoshop, ma in quanto a risultato, praticità d’uso e completezza sono identici quantomeno per la parte di sviluppo del file.
Il terzo è Capture One, se come me usi la funzione Tethering, e se lo fai ti invito a leggere l’articolo dedicato, allora è a mio avviso un ottimo modo per scattare le fotografie, catalogarle, effettuare le regolazioni sui raw e gestire parte del grading, se invece la tua professione è relativa esclusivamente al fotoritocco allora direi che la scelta di uno dei software soprindicati resta personale, legata a quello con cui si hanno più skills e tutto sommato sovrapponibili.
Ora valutiamo un po’ le alternative, ci sono software come Affinity Photo, che ha una buona nicchia di affezionati, RawTherapee, Darktable e tanti altri anche sottoforma di App da smartphone, poi tutti quelli specifici delle varie case che producono fotocamere, come Nikon, Fuji e Canon. Senza sviscerare uno ad uno ognuno di questi software, per ora mi affiderei ad uno dei primi indicati. Non ho avversione per nessun programma, al contrario mi piacciono le novità e tendo a testare tutto personalmente, apprezzo tantissimo alcune features di programmi minori e spesso le migliori novità arrivano proprio da questi ultimi e solo dopo i colossi del settore se ne appropriano, ma se c’è da lavorare non si può far a meno di alcune piccoli grandi vantaggi che, per il momento, fanno pendere l’asticella nettamente a favore di Capture One e Camera Raw/Lightroom. Quindi, in definitiva, per la post-produzione non c’è storia e per tutto il resto a voi la fantasia di scegliere quello che più vi aggrada.
Non esiste solo il Raw, quindi dobbiamo parlare di Photoshop. Nessuna alternativa: Photoshop. Punto.
Su questo saranno pochi a non essere d’accordo. Oltre ad una vastissima possibilità di modifica, che spazia da tutto quel che concerne il fotoritocco fino ad andare più in là verso l’Illustrazione, Compositing, il Matte Painting ed il Video Editing di base, Photoshop permette la condivisione del lavoro, ed è universalmente riconosciuto come il programma di fotoritocco per eccellenza.
Che si lavori in Italia, in Giappone o negli Usa resta il software su cui puntare. Ricordate, non sempre si lavora da soli ed avere la possibilità di condividere il workflow è indispensabile, non essere in grado di padroneggiare il programma più diffuso vi limiterà notevolmente in quest’ambito, poi con l’Intelligenza Artificiale che è ormai uno standard direi che farà passi avanti molto più rapidamente che in passato.
Ora passiamo al lato negativo, uno solo. Adobe, lo sviluppatore che produce Ps è spesso anche il suo limite. Che non fosse un programma leggero era chiaro anche 10 anni fa, ma che sia ancora spesso un macigno anche su configurazioni da svariate migliaia di euro è un vero peccato, si arricchisce di spettacolari funzioni ad ogni release, sarebbe il caso di renderlo anche più leggero. Migliorato lo è notevolmente anche da questo punto di vista, sia chiaro, ma si può fare di più. Per il resto è il migliore, c’è poco da discutere al riguardo.
Abbiamo parlato dei Software, ma è il momento di capire su quale macchina farli girare.
MAC O PC?
Non alcuna intenzione di accendere una polemica su quale tra Mac e Pc sia il migliore per l’arte del retouching, vi basti pensare che in studio abbiamo vari PC, di cui da buon nerd ho selezionato i componenti per poi procedere all’assemblaggio e nel tempo si sono susseguiti vari Mac, desktop ed ultimamente laptop: apprezzo veramente tanto entrambi i mondi e farò delle considerazioni legate soprattutto alla praticità.
Parlando di potenza vera e propria, serve un computer che sia realmente top spendendo cifre impegnative?
La risposta è semplicemente no, non è necessario per il 90% dei retoucher, prima dicevo che Photoshop, potrebbe essere ottimizzato meglio, la sua più grande pecca è che sia esoso in termini di risorse, questo resta vero, ma oggi PC e Mac di ultima generazione sono molto performanti, anche prendendo modelli base, si hanno prestazioni accettabili per la stragrande maggioranza degli operatori del settore.
E l’altro 10% perché dovrebbe puntare ad investire su macchine ben più performanti?
Anche in questo caso la risposta è logica, ci sono infatti professionisti che lavorano immagini destinate alla diffusione rapida, con un peso già del file ridotto seppur in formato raw, dove non c’è l’esigenza di creare centinaia di livelli, fondere insieme decine di immagini diverse in un unico file o cimentarsi in workflow impegnativi, perché il proprio lavoro come fotografi e ritoccatori non lo richiede, e poi ci sono gli altri, quelli che lavorano con medio formato a 16bit, quelli che lavorano contemporaneamente centinaia di immagini per gli e-commerce, quelli che un singolo file non è mai meno di un PSB.
Tornando al tipo di macchina da scegliere il distinguo è da fare soprattutto in due casi, il primo è se si lavora da uno studio, casa o comunque una postazione sempre uguale, allora è indifferente, un Imac, un Mac Studio, un Mac Mini o un PC rigorosamente assemblato in effetti in termini puramente pratici sono molto simili.
In fondo l’importante è avere un processore aggiornato, che per il mondo Apple è a partire da un M1/M2 PRO (escludo l’M1/2 liscio solo perché si parla di professionisti che ne fanno un utilizzo intenso per lavoro, quindi si presuppone che tengano la macchina per un periodo mediamente lungo di almeno 3 o 4 anni e preferiscano tenere sotto il cofano un hardware che regga il tempo).
Mentre in ambiente Windows un buon i7 dell’attuale generazione andrà benone in aggiunta ad una scheda madre adeguata al socket.
La Ram è il secondo aspetto di cui tener conto, partirei in entrambi i casi da 16gb, non meno, nemmeno se leggete in giro che 8gb con i processori Apple silicon sono già un buon inizio, che non è Ram ma memoria unificata, che 8gb non sono gli 8 di un PC, e così via, ricordate che anche senza essere esperti di hardware e tecnologia in generale 16 è meglio di 8 e 32 è meglio di entrambi, risparmiare e prendere il modello giusto per il proprio lavoro sì, lesinare su qualcosa che non potete in nessun modo ampliare se scegliete un Mac, se non prendendo una macchina totalmente nuova, è stupido. Molto probabilmente non servirà avere 64gb, che sul mio Macbook Pro infatti non li sfrutto se non con programmi di video editing.
Per il Pc ricordate che ci sarà sempre possibilità di ampliare la vostra RAM, partendo dai poco costosi 32gb potrete in futuro sostituire questo componente.
La Scheda Video: qui Apple ha fatto realmente la differenza con la generazione a partire da Apple Silicon M1, fondendo CPU e GPU che condividono la stessa “RAM” come memoria unificata c’è stato un bel balzo in avanti rispetto alle generazioni precedenti, adesso anche un laptop può avere prestazioni da postazione fissa e la scheda video riesce, per l’ambito produttivo, ad essere comparabile con quelle PC. Per quest’ultimo c’è solo l’imbarazzo della scelta, AMD, NVIDIA ed ora anche INTEL ARC di fascia media garantiranno prestazioni al top con qualsiasi programma di post-produzione fotografica.
Resta da prendere in esame il comparto storage, quindi quanti Giga di SSD dovrebbe avere un pc/mac con cui lavorare.
Bisogna tenere in considerazione che tutto il nostro patrimonio in termini di lavoro è letteralmente contenuto in quello spazio, quindi è qualcosa da tenere come un tesoro, custodirlo con cura e far in modo che possa durare nel tempo, anche perché rappresenterà l’archivio per il nostro portfolio e quindi futuri clienti, non è contemplabile la memoria interna alla macchina su cui si lavora per questo tipo di cose.
Appurato questo aspetto fondamentale, non c’è bisogno in realtà di uno spazio enorme internamente al pc o mac che sia, anzi già da 1 o 2tb, per il sistema operativo ed i programmi è sufficiente.
Approfondendo il discorso va compreso un aspetto relativo alle prestazioni dei programmi scelti per il retouch, per farli performare al meglio infatti è sempre vera la regola che:
un software come Photoshop ha bisogno di un SSD su cui c’è installato il programma stesso insieme al sistema operativo così come indicato nelle righe sopra, un secondo SSD andrebbe dedicato esclusivamente alla Cache del software che utilizzate, per permettere a quest’ultimo di sfruttare la propria velocità esclusivamente per l’accesso a questi dati ed un terzo in cui sono contenuti i soli file su cui dobbiamo lavorare al momento, per un totale di 3 SSD, quanto più performanti possibile, ormai costano pochi euro ed è una spesa necessaria a velocizzare il flusso di lavoro anche su un PC nuovo.
Questo discorso è più difficile da fare con un Mac, dove in genere c’è un solo SSD, quindi cade parzialmente questa possibilità, oltre al costo notevole dello storage su dispositivi Apple, che di contro montano memorie solide di primissimo livello (che identiche costano decisamente meno su PC), ma facendo un po’ di attenzione ad allocare la memoria cache nella cartella giusta si può comunque avere prestazioni ottime.
Ok ma se lavoro in mobilità, avrò bisogno di un laptop.
Vero, esistono micro-pc e Mac mini ma non c’è storia, serve un monitor esterno, accessori come mouse e tastiera quindi non è praticabile, resta il laptop l’unica soluzione.
Potrei consigliarvi un portatile da gaming, che in genere hanno prestazioni idonee, una workstation come i Dell della serie XPS andrebbero comunque bene, ma oggi è possibile prendere un Macbook Pro con le stesse identiche caratteristiche della sua controparte fissa, in uno spazio ridotto, con l’ottima durata della batteria, il proverbiale ecosistema Apple con porte velocissime ed un pannello monitor di qualità ottima, per essere un portatile, con in più il fatto che mantene alto anche il prezzo dell’usato nel tempo e quindi la sua rivendibilità.
Così tutto il resto viene un po’ oscurato, basti pensare poi che i sopracitati XPS hanno ormai costi del tutto paragonabili ai Macbook Pro a parità di fascia, rendendo la scelta a questo punto solo una questione di sistema operativo e non di prezzi, quindi esludendo mega offerte e vantaggi dati da una generazione di laptop windows ritengo che oggi un Macbook Pro garantisca un buon investimento.
ARCHIVIAZIONE
Collegandomi a quanto detto prima circa l’impossibilità di immagazzinare tanti dati in un SSD interno, vi troverete presto con la necessità di avere un sistema di Archiviazione dedicato, espandibile, ridondante e quanto più sicuro possibile.
Ciò è possibile solo con un sistema esterno come un server o un NAS, che contenga tera di file così da essere adeguatamente longevo e contenere l’archivio dei lavori svolti.
Ormai tutti i NAS hanno un sistema operativo proprietario che prevede la possibilità di fare backup in cloud o direttamente su altri NAS, questo riduce i tempi delle operazioni in tal senso e migliora l’affidabilità, c’è poi da dire che attraverso la condivisione cablata è possibile anche lavorare con più colleghi connessi allo stesso sistema di HDD/SDD se si necessità di creare un Hub di condivisione del lavoro per specifiche esigenze e migliorare la produttività.
Questo è un argomento che andrebbe approfondito a parte, tanto è vasto il mondo dell’archiviazione, ma per semplificare il tutto è necessario solo dotarsi di un NAS che contenga spazio tale da poter immaginare 4 o 5 anni di archiviazione almeno, chi è già pratico di postproduzione e lavora nell’abito conosce la mole di lavoro annuale e può fare una stima anche inserendo una tolleranza per l’eccedenza di lavoro, così da munirsi di un sistema che possa far al caso nostro e durare nel tempo, se poi questo è anche espandibile meglio ancora.
Su una cosa potete star certi in ogni caso, vi servirà un UPS adeguato per gli sbalzi di corrente che ci sono ogni giorno e danneggiano irreparabilmente gli hard disk e dovrete munirvi di HDD di scorta per sostituirli al primo che si romperà, perché si, si romperanno sicuramente, non è sfiga, è solo statistica, prima o poi succede, riuscirete anche a prevederlo ad un certo punto, con un minimo di esperienza, verificando con il programma apposito il numero di ore di operatività, è utile ricordare inoltre di prendere solo HDD adeguati a tale scopo, di fascia alta e con un ciclo vita più lungo visto che saranno accesi 24h su 24, di mettere il tutto in RAID 5 o 6 (o qualsiasi configurazione vada bene per il vostro sistema) e far in modo di avere almeno la ridondanza di 1 HDD, così da sostituirlo appena succede il peggio.
Avrò almeno 15 HDD per lo studio, oramai inutilizzabili, sostituiti per guasto con altri nuovi, nulla ad oggi è mai stato perso come dati e fotografie, vi basterà solo sapere cosa fare.
Marche e modelli?
Direi sicuramente più marche, visto che per quanto riguarda il modello specifico ci sono troppe variabili, da quelli con connessioni 10gb/s a quelli che integrano SSD M.2 oltre che i tradizionali SSD e HDD per finire al un numero di bay per quantità di dischi che va da 2 a 24 ed oltre.
Per le aziende, personalmente ho una predilezione per Synology, che produce NAS di qualità molto elevata, ho avuto vari loro prodotti e dal modello piu piccolo al Rack piu grande hanno tutti lo stesso sistema operativo proprietario, intuitivo e perosnalizzabile,
immagino quanto Qnap, altra azienda sicuramente validissima ma non ho avuto modo di testare i loro prodotti.
MONITOR
Parlo di Monitor solo ora, non perché sia meno importante, anzi a dirla tutte è l’elemento fondamentale della configurazione, quello su cui vediamo le immagini, e quello che ci farà da riferimento anche con il cliente, ne parlo solo ora perché è importante aver una cognizione precisa degli argomenti precedenti prima di affrontare un discorso che potrebbe esserne il fulcro.
Quindi andiamo al sodo, l’elemento che fa davvero la differenza è la rappresentazione dei colori, il resto come dimensioni ed aspect ratio sono solo secondari, quindi non perdiamoci in chiacchiere e valutiamo le possibilità che oggi, Agosto 2023, il mercato ci offre.
sRGB (Standard RGB): Questo è uno dei più comuni standard di spazio colore utilizzati per la visualizzazione su schermi digitali. È ampiamente accettato e mira a fornire una riproduzione accurata dei colori su una vasta gamma di dispositivi, inclusi computer, monitor e stampanti.
Adobe RGB: Questo spazio colore è più ampio rispetto a sRGB e copre una gamma maggiore di colori, specialmente nei toni di verde e ciano. È spesso utilizzato da professionisti della fotografia e della grafica per catturare e visualizzare colori più ricchi.
DCI-P3: Inizialmente sviluppato per l’industria cinematografica, questo standard offre una gamma di colori più ampia rispetto a sRGB. È diventato popolare anche in ambito multimediale, inclusi i display per dispositivi mobili e i monitor per la produzione video.
Rec. 709: Questo è uno standard definito dall’ITU per la televisione ad alta definizione (HDTV) e offre una gamma di colori simile a sRGB. Viene spesso utilizzato per la produzione televisiva e cinematografica.
Rec. 2020: Standard più recente sviluppato per l’Ultra High Definition Television (UHDTV). Copre una gamma di colori ancora più ampia rispetto a Rec. 709 e viene spesso utilizzato per la produzione di contenuti video ad alta risoluzione.
P3: Apple offre una gamma di colori simile a DCI-P3 ed è utilizzato su molti dispositivi del brand, come iPhone, iPad e Mac.
Quindi?
bè quindi la copertura quanto più vicina al 100% dello standard Adobe RGB è ciò a cui puntare.
Sarebbero da confrontare i gamut di colore, tabelle utili a comprendere l’estensione di un determinato range di cromatico rappresentato, per comprendere al meglio il discorso e poi andare a confrontare queste specifiche con quelle del monitor che si vuole acquistare, ma in buona sintesi possiamo tenere il concetto che l’Adobe RGB è lo standard da prendere in considerazione e se lo schermo in questione lo copre per la quasi totalità (98-100%) allora fa per noi, e per scoprirlo basta cercare questa indicazione tra le info del produttore.
In aggiunta posso dire che se dovessi acquistare uno schermo nuovo oggi terrei in considerazione anche di verificare lo standard Rec. 2020, di fatto se un monitor specifica anche la copertura di questo è quasi sempre un prodotto di ottima qualità.
Mentre qualsiasi monitor Apple ora si basa sullo standard P3, è buono? Si, e no, nel senso che è esteso quasi quanto l’Adobe RGB, ma in uno spazio diverso, quindi ad esempio avrà più difficoltà a rappresentare alcune sfumature di verde ma si comporterà meglio verso i rossi.
Ma si potrebbero fare altre considerazioni, una su tutte è che lo standard P3 è ormai in tutte le tasche visto che viene utilizzato anche per smatphone e tablet, quindi poter visualizzare i colori in fase di postproduzione su un dispositivo che ne garantisce la corretta visione facilita il lavoro a chi ritocca immagini e video che vanno poi proprio su quei dispositivi, mentre se vogliamo farne un discorso più ampio le fotocamere in .jpeg acquisiscono l’immagine con lo standard Adobe RGB, no i RAW non hanno questo problema! ma poi appena atterrati nei programmi di postproduzione viene generalmente impostato lo stesso profilo colore per un workflow corretto e quindi se il monitor garantisce la totale copertura, allora Adobe RGB resta il miglior alleato.
Nessun monitor però, anche il migliore e più costoso è in grado di mantenere la sua fedeltà cromatica a lungo quindi vengono in nostro aiuto due importanti processi:
Taratura: in sintesi è il processo di regolazione delle impostazioni di base di un monitor, come luminosità, contrasto, gamma e bilanciamento dei colori, per ottenere un punto di partenza uniforme e coerente, non coinvolge l’uso di strumenti di misurazione e calibrazione precisi, ma si basa principalmente sull’occhio umano, sui monitor specifici per alcuni settori come la fotografia quella iniziale è fatta di fabbrica e spesso viene rilasciato un certificato che ne attesta l’uniformità con gli standard che lo stesso produttore si è imposto. È un passaggio importante per garantire che tutti i monitor all’interno di un ambiente di lavoro abbiano impostazioni simili e che i colori visualizzati siano almeno approssimativamente corretti.
Calibrazione: invece è un processo più avanzato che coinvolge l’uso di strumenti di misurazione e software dedicati per ottenere una riproduzione precisa dei colori sul monitor. Durante la calibrazione, il monitor viene testato con uno spettrofotometro che misura i colori effettivamente prodotti dallo schermo. I dati raccolti vengono quindi utilizzati per creare un profilo colore che compensa le eventuali discrepanze tra i colori visualizzati e quelli reali.
Questo profilo viene quindi utilizzato dal sistema operativo o dal software per correggere i colori visualizzati, garantendo una riproduzione precisa e coerente, il resto dipende in effetti dalla bontà del monitor stesso e dai nostri occhi.
In commercio due sono le aziende più diffuse: Xrite, che detiene i diritti PANTONE e Datacolor, ed entrambe producono strumenti per la calibrazione con varie fasce di prezzo, tenete in conto di acquistarne uno nel momento stesso in cui decidete di occuparvi di postproduzione, che sia per le vostre o per immagini di vostri clienti.
Ma il resto delle caratteristiche?
dunque Aspect Ratio, quindi il rapporto tra la larghezza e l’altezza dell’area visibile del display, è il secondo aspetto da tenere in considerazione nell’acquisto di un monitor, ci sono in commercio monitor wide 32:9, 21:9 ma sicuramente per visualizzare correttamente e soprattutto occupando con la fotografia quanta più porzione di schermo possibile io mi attesterei sul più classico 16:9 e 16/10, per evitare di aver l’immagine piccola anche su uno schermo molto grande.
Dimensioni e risoluzione sono secondari, ormai da qualche anno ho un 32 pollici 4k, che mi sembra essere un giusto rapporto tra dimensioni del monitor e densità di pixel, ma oggettivamente dimensioni minori e risoluzioni di 2k sono altrettanto valide.
Andiamo ora ai produttori, i migliori sono senza dubbio EIZO che con la sua gamma ColorEdge produce pannelli molto popolari e spesso con integrata la calibrazione automatica scadenzata e NEC SpectraView con caratteristiche simili, a seguire Dell con la serie UltraSharp e BenQ che offrono un ottimo rapporto prezzo/prestazioni, poi LG, HP ed Asus ProArt, in ogni caso resta sempre il concetto di verificare la copertura Adobe RGB prima dell’acquisto.
TAVOLETTA GRAFICA
Ed ora Tavoletta Grafica si, Tavoletta Grafica no? Certo che si.
Non solo velocizzerà il vostro lavoro ma ormai gran parte dei modelli hanno anche tasti macro programmabili che amplificano le possibilità d’azione permettendovi di settare alcuni comandi con la pressione di un tasto, hanno spesso “wheel”, una rotella, che faciliterà l’azione di zoomare ad esempio.
Stimo un aumento della velocità di produzione di almeno il 25-30% per un utilizzatore medio, quindi senza indugi, prima si inizia ad utilizzarla e prima la postproduzione sembrerà semplice.
Con l’esperienza di aver visto utilizzare questo strumento per la prima volta da centinaia di studenti posso dire che in effetti, c’è chi ha un approccio iniziale già naturale e chi ha difficoltà anche se è un ottimo illustratore a matita, questo non deve assolutamente scoraggiare chi ha inizialmente difficoltà nell’approcciare allo strumento, anzi bastano pochi esercizi e poi il fatto di dimenticarsi del mouse anche per normali azioni, come navigare le pagine di siti web e YouTube e vedrete miglioramenti sensibili in pochissimi giorni, poi non potrete più farne a meno.
Ma che marca/modello? Quanto grande? Con schermo o senza?
Queste domande le sento spesso, potrei anche qui addentrarmi in un immenso spiegone ma cercherò di facilitare e velocizzare la risposta così:
– Wacom, con i modelli Intuos PRO non ha rivali per il momento.
– Vi basta una tavoletta di piccole dimensioni
– Senza schermo
Ora un pizzico di approfondimento, Wacom è leader del settore, ci sono tanti competitor minori come Huion ed XP-Pen, ma il costo dei modelli di fascia media Wacom è accessibile e rappresenta una scelta migliore soprattutto in termini di software.
Perché preferire una tavoletta piccola a quelle molto grandi? Semplicemente perché l’estensione fa sì che sia necessario muovere la mano sulla superfice della tavoletta più ampia, questo rende solo più difficoltoso il lavoro del retoucher, anzi consiglio una tavoletta di piccole dimensioni e di ridurre ulteriormente la superficie d’azione con il programma in dotazione.
L’unico motivo per preferirne una media o grande risiede nell’avere più monitor di grandi dimensioni ed aver la necessità di muoversi quindi in maniera separata, ma appunto è un caso troppo specifico.
In fine la comodità di averne una con schermo decade nel momento stesso in cui si è letto il paragrafo sui monitor, avete quindi già immaginato quanto sia importante averne uno di qualità, essendo il punto nodale della strumentazione del post-produttore professionista, ecco questo non si sposa con tavolette grafiche con schermo integrato perché quest’ultimo ad oggi non è di qualità tale da permettere la giusta visione del vostro lavoro, dove la precisione cromatica la fa da padrone non può esserci compromesso, mentre per grafica ed illustrazione resta indispensabile.
Averne comunque una con monitor, almeno oggi, obbliga ad avere pur sempre il monitor di riferimento, ma così facendo gli occhi sarebbero sempre sulla tavoletta grafica e quindi tecniche di Color Grading o anche un semplice Dodge&Burn risulterebbero più complesse per via del continuo spostamento di visione da uno all’altro.
Unica eccezione in questo caso è rappresentata dalla possibilità di lavorare con un’Ipad, che soprattutto nei modelli PRO ha schermi di tutto rispetto (non paragonabili a quelli specifici ma almeno P3) che volendo possono essere adattati allo scopo, resta comunque preferibile una tavoletta dedicata, con tasti funzione e software.
ALTRI ACCESSORI
In ultima analisi volevo menzionare qualche accessorio extra.
Esistono in commercio diversi pannelli come il Palette Gear, poi divenuto “Monogram”, una console creativa modulare che permette di comporre la propria superfice con switch, dial ed orbiter, che sono manopole, pulsanti e rotelle in grado di personalizzare tasti e funzioni dei programmi più popolari e di essere quindio utilizzati in modo molto simile a quel che fanno i tasti e le wheel di alcune tavolette grafiche.
Poi c’è Loopdeck, brand consolidato che produce console creative predisposte per i piu famosi programmi di retouch, compatte ed alcuni modelli anche con schermo.
Possono risultare molto utili con flussi di lavoro che tendono a standardizzarsi, meno forse se si è in mobilità visto che per quanto piccoli sono ulteriori fonti di ingombro.
Atra cosa utile è un supporto per monitor o laptop se usate quest’ultimo, Amazon ne è pieno, non c’è un reale motivo per cui scegliere uno o l’altro se non estetica e gusto personale.
Una buona sedia, ergonomica è fondamentale poi, rimarrete seduti a lungo, c’è bisogno che questo sia un posto comodo anche per il vostro fondoschiena, non c’è bisogno di prendere una Herman Miller da migliaia di euro, la Markus di Ikea è già un ottimo investimento, ma ci sono decine di alternative validissime, ricordate però che nel tempo servirà e mi ringrazierete.
In fine, forse quello più importante, una buona illuminazione per la vostra postazione.
Ecco, saranno molte le ore in cui dovrete star davanti allo schermo, spesso ci vorranno delle pause, ma poi ritornerete, ed una buona illuminazione, che non sia diretta verso il monitor, possibilmente che lasci almeno in parte la luce ambiente mitigare quella artificiale è la scelta migliore, va studiata in base al posto in cui si lavora e rappresenta, in buona parte, motivo per cui le ore di lavoro possono risultare stancanti alla vista.
Non sarà una guida esaustiva sicuramente, ogni argomento meriterebbe un approfondimento specifico, è possibile trovare moltissime informazioni al riguardo e molti avranno opinioni diverse ma questo è frutto della mia esperienza personale, c’è un mondo dietro la scelta di un PC/MAC, di uno schermo, della propria sensazione con la tavoletta grafica, di come si preferisce archiviare i propri file, dei programmi che fanno al caso nostro e di tanti altri argomenti, ma volevo racchiudere in un unico posto tutto quel che c’è da sapere per avere la base di partenza con cui districarsi poi nelle varie scelte.
Spero sia utile, continuerò ad aggiornare questo articolo nel tempo.